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RICETTA DELLA PANISCIA DI NOVARA

Di tutte le ricette di paniscia che pretendono di essere vere (e forse lo sono, in parte), questa di Piero Barbè ci sembra una delle più nobili e convincenti.

Si prepara in quattro tempi (ci vuole santa pazienza): i fagioli, il “brodo”, il soffritto, il risotto.

1) I fagioli: bei “borlotti” grossi, si cuociono in acqua poco salata – calcolarne 1 bel cucchiaio, secchi, a testa – finché siano teneri, ma che non si rompano; e tenerli da parte.

2) Il brodo: in realtà è un minestrone lungo, col quale si bagnerà il risotto.

Per 8 persone mettere: 1 cavolo; 1 grossa cipolla; 3 gambi di sedano; 1 carota e 4-5 porri, tutti tagliati a pezzi grossi come una nocciola. Inoltre – sempre a freddo, nell’acqua con le verdure – 1 bel pezzo di lardo; 1 di cotenna fresca e possibilmente 1 osso di prosciutto. Sale q.b. e cottura lunga, finché le verdure si sciolgono (2 ore). Si possono far passare al passino.

3) Il soffritto: nel tegame da risotti (i mistici della panissa raccomandano che sia di rame stagnato, oppure di coccio) si pone (sempre per 8) un trito fatto di 2 cipolle e mezz’etto di lardo, con un pezzettone di burro, e lo si imbiondisce.

4) Il risotto: si mette giù, sul soffritto, il riso (Carnaroli, Baldo o Razza 77, o Roma, 2 pugnetti a testa) rimestandolo e insaporendolo qualche minuto. Lo si bagna con 2 bicchieri grossi di vino (per 8); è prescritto un Gattinara, ma va bene un Barbera di almeno tre anni. Asciugato il vino, si aggiunge poco per volta il “brodo”, cioè il minestrone di verdure sciolte (dal quale è stato tolto l’osso di prosciutto, la cotenna, il pezzo di lardo); e a questo punto bisognerebbe sbriciolarci dentro una “mortadella di fegato di maiale”, da noi introvabile: si supplisce con un pezzo di salsiccia magra disfatta e un po’ di fegato di maiale tritato fino. Si aggiungono anche i fagioli, sgocciolati.

Si porta a cottura continuando a bagnare col “brodo” di verdure.

Il risotto deve risultare fitto e al dente. Deve “riposare” qualche minuto. Niente formaggio, niente burro crudo.

È una pietanza solenne: è un monumento della cucina di autunno e di inverno piemontese.

da “La cucina del Piemonte collinare e vignaiolo” – Giovanni Goria

Copertina del libro "La cucina del Piemonte Collinare e vignaiolo" di Giovanni Goria

Una ricetta e una regione al giorno – da 01/01/2019

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