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Nelle leggende l’anima di un popolo

da “Il Giorno” – 24 aprile 2015
Il libro: La preziosa tradizione orale tramandata di madre in figlia

 

Nelle leggende l’anima di un popolo

di Claudia Cangemi

FAVOLE e leggende restituiscono l’infanzia perduta anche al popolo più antico. E nulla sa rendere identità a un popolo – anche il più disperso – più di quelle fiabe ripetute di generazione in generazione davanti a un focolare, a scaldare il cuore nelle lunghe notti fredde delle montagne. E nel buio dell’umana follia. Storie piccole –appena poche righe – o testi più complessi, che sanno offrire nello stesso tempo il piacere del racconto e la scoperta di una tradizione millenaria. Ancora più affascinante tale opportunità quando si tratta di un popolo che fu vittima della prima grande tragedia collettiva del secolo breve: il genocidio degli armeni. Ecco allora che è ancora più commovente leggere queste storie: uno scrigno di preziosa tradizione orale che affonda le radici in tempi antichissimi.
Grazie ai racconti tramandati di madre in figlia, si può ancora oggi capire molto della cultura millenaria di questo popolo intriso di profonda religiosità e saggezza. Le fiabe sono state raccolte nel volume “Leggende del popolo armeno” (Tarka) da due ricercatori assai legati all’Italia: Baykar Sivaziliyan (vedi l’intervista sopra) e Scilla Abbiati, scomparsa nel 2004 a 49 anni dopo essere stata a lungo docente di letteratura italiana al Collegio armeno di Venezia e grande studiosa delle culture orientali. Politica e narrativa sono strettamente legati per il popolo armeno, che nella sola Venezia tra il XVI e il XVIII secolo gestiva una ventina di tipografie. «La letteratura per gli armeni in ogni epoca e in ogni paese della diaspora ha sempre avuto un’ispirazione patriottica. Ancora oggi la parte più lucida degli artisti armeni ha messo il suo impegno al servizio del proprio popolo in difesa della millenaria cultura», scrive Sivazliyan nell’introduzione. Una tradizione vicina alla cultura greco-romana.


NEL XII E XIII SECOLO
Molte fiabe furono scritte
da due grandi autori medievali
autori anche di codici e leggi


NUMEROSE favole hanno per protagonisti animali “parlanti” e una struttura molto simile a quelle di Esopo (nato in Turchia e morto a Delti nel VII secolo a.C.). L’intento è spesso pedagogico. Ecco per esempio una fiaba di poche righe, “II tasso e la volpe”: «Una volta una volpe chiese a un tasso: “Dimmi, perché io sono così magra e tu sei così grasso?” e il tasso
rispose: “Vedi, io mi accontento: non vado in cerca di molto e mangio tutto ciò che trovo”». L’ultima sezione del libro è dedicata a fiabe tratte dal “Libro delle volpi”, scritto nel 1220 e opera principale di un grande autore medievale, Vartan Aygekci. Addirittura precedente l’opera di Mxitar Goš (morto nel 1213), la cui vasta produzione letteraria comprende il Libro della giustizia, una sona di codice penale datato 1184. I racconti della prima sezione sono invece attribuibili ai “sopravvissuti del Musa Dagh”, comunità montana di poche migliaia di persone che tentò di opporsi il 13 luglio 1915 allo sgombero forzato e venne sterminata da un esercito di 40mila Giovani Turchi. Alcune di queste favole si avvicinano molto a quelle della grande tradizione europea, da Andersen a Perrault ai fratelli Grimm.
Storie fantasiose e piene di magia, popolate di principi e fanciulle traditrici, giovani ribelli e ambiziosi o coraggiosi e saggi, ma anche di folletti astuti e malvagi che si tramutano in belve feroci. E vengono sconfitti dall’eroe. Non per niente sono fiabe.

LEGGENDE DEL POPOLO ARMENO
Baykar Sivazliyan – Scilla Abbiati (a cura di)
Tarka / Fattoria del Mare. Pagine 214 – Euro 16,00

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